Interrogazione: Quali adattamenti alla legge sono necessari per permettere nuove forme di agricoltura in zone urbane?
Negli ultimi anni sono nate realtà agricole che non rientrano nelle definizioni standard riconosciute dalle leggi federali e cantonali, specialmente in zone urbane dove è praticamente impossibile installare aziende agricole con stalle e depositi per macchinari senza andare incontro a opposizioni del vicinato.
Per contro è possibile con una certa facilità, attivare piccole aziende ortifrutticole, le quali oltre al sostentamento alimentare portano benefici sociali e ambientali. queste attività vengono oggi definite come “agricoltura urbana”.
Questa tendenza si è accelerata in concomitanza con l’emergenza Covid, durante la quale molte persone sono state costrette a ripensarsi. Sono nate realtà come Seminterra, a Fior di Gusto, il Germoglio, ecc. , che producono verdura in modo cooperativo, confezionano prodotti gastronomici recuperando prodotti freschi invenduti, creano reti sociali, riqualificano paesi e quartieri urbani, salvano edifici destinati al declino e conservano aree verdi messe in pericolo da potenziali azzonamenti.
Considerando la scheda R6 del piano direttore che prevederà inevitabilmente una riduzione di aree edificabili anche negli abitati e considerando l’intenzione dei Piani di Agglomerato di creare una maglia verde, risulta indispensabile che Confederazione, Cantone e Comuni incentivino queste nuove forme di gestione delle aree verdi e di produzione alimentare, che si possono abbinare al turismo, alla gastronomia, all’educazione scolastica e alla socializzazione fra generazioni.
Promuovere questo tipo di filiera è quindi fondamentale per l’ente pubblico, né più né meno di altre attività economiche ritenute più innovative.
Con queste attività si riesce a creare posti di lavoro anche per persone in difficoltà, senza necessariamente chiedere sussidi importanti, ma oggi si incontrano innumerevoli difficoltà.
Prendendo spunto dall’articolo de “La Domenica” del 22 settembre scorso sulle difficoltà di ristrutturazione della masseria Gemmo, che segnala problematiche legate alla legge sull’agricoltura, alla legge sui beni culturali, alla legge sulla pianificazione, chiediamo quindi più dettagli su quali adattamenti dovrebbero essere intrapresi per poter facilitare questo processo.
In particolare:
Esistono casistiche chiare per l’applicazione dell’art. 24 d della Legge federale sulla pianificazione del territorio, che -se applicato rigidamente- condanna al crollo la gran parte degli edifici rurali ancora esistenti nel nostro Cantone?
Art. 24d Utilizzazione a scopi abitativi extra-agricoli, edifici e impianti degni di protezione
1 In edifici abitativi agricoli, conservati nella loro sostanza, può essere autorizzata un’utilizzazione a scopi abitativi extra-agricoli.
2 Il cambiamento totale di destinazione di edifici e impianti degni di protezione può essere autorizzato se:
a. sono stati sottoposti a protezione dall’autorità competente; e
b. la loro conservazione a lungo termine non può essere assicurata in altro modo.
3 Le autorizzazioni secondo il presente articolo possono essere rilasciate soltanto se:
a. l’edificio o l’impianto non è più necessario all’utilizzazione anteriore, si presta all’utilizzazione prevista e non comporta un edificio sostitutivo che non sia necessario;
b. l’aspetto esterno e la struttura edilizia basilare restano sostanzialmente immutati;
c. è necessaria tutt’al più una leggera estensione dell’urbanizzazione esistente e il finanziamento di tutti i costi d’infrastruttura, causati dal cambiamento completo di destinazione dell’edificio o dell’impianto, sono ribaltati sul proprietario;
d. la coltivazione agricola dei terreni circostanti non è minacciata;
e. non vi si oppongono interessi preponderanti.
Quali sono i parametri entro i quali può essere inquadrata l’agricoltura “urbana” in base alle leggi attuali federali e cantonali? Il Consiglio di Stato intende mettere in atto delle modifiche per facilitare la creazione di nuove realtà agricole, non solo legate al sostentamento personale, ma anche ad aspetti educativi, sociali e ricreativi?
Non è possibile allentare le disposizioni della legge sui beni culturali introducendo dei gradi di protezione intermedi? Oggi da un lato si permette la completa demolizione di edifici interessanti, perché senza alcuna protezione; dall’altro, se si vuole ristrutturare gli edifici rurali esistenti cambiando in parte la destinazione, si impongono regole praticamente impossibili da applicare perché le norme edilizie sono calibrate solo sulle nuove costruzioni. Non sarebbe possibile introdurre più possibilità di deroga e la consulenza obbligatoria da parte di una commissione di esperti con competenze pratiche interdisciplinari (restauro, architettura, ingegneria e impiantistica)? Non si potrebbe elaborare un vademecum di casi virtuosi quale riferimento per proprietari e professionisti, ad esempio in collaborazione con USI e SUPSI?
Quali altri leggi devono essere adattate per poter trasformare edifici meritevoli fuori dall’area edificabile, ad esempio per permettere il cambio di destinazione (anche solo temporaneo) e risanamenti graduali con interventi meno incisivi rispetto a quanto si chiede ai nuovi edifici (attrezzature tecniche lowtec, isolamento termico e acustico, antincendio, sismica, disposizioni sanitarie, ecc.)?
Ringraziamo dell’attenzione al difficile argomento e speriamo in risposte costruttive ai diversi quesiti posti.
Prima firmataria
Cristina Zanini Barzaghi
Tessa Prati
Beppe Savary-Borioli
Daria Lepori
Lisa Boscolo
Lugano – Carabbia, 27 settembre 2024