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La sfida del riuso edile nella Svizzera italiana: opportunità e difficoltà
- Premessa
Con il nostro studio d’ingegneria civile ci occupiamo di edifici, strade, ponti e infrastrutture e collaboriamo spesso con architetti, paesaggisti e impiantisti.
Negli ultimi anni è cresciuto notevolmente il volume di mandati che coinvolgono il patrimonio costruito esistente, come ad esempio nuove ville o palazzine realizzate dopo aver demolito le preesistenze. Questa tendenza ci ha portato a dedicarci all’enormità di materiale che viene dismesso nell’edilizia e che viene buttato in discarica senza un ragionamento minimo di reimpiego. In questo abbiamo trovato un ampliamento interessante alla nostra principale attività di ingegnere strutturiste. Troviamo sempre più di frequente partner che credono nella necessità di costruire in modo più sostenibile, sfruttando meglio il potenziale dell’esistente attraverso i principi dell’economia circolare.
- Economia circolare nell’edilizia
Di economia circolare e del principio delle 9R se ne parla già da diversi decenni a livello internazionale, soprattutto per cibo (foodwaste) e moda (fast fashion). Solo recentemente il tema ha iniziato ad essere trattato nella costruzione, principalmente per i due motivi: da un lato l’enorme consumo d’energia necessario per produrre il cemento e altri materiali, dall’altro per la crescente difficoltà a gestire i rifiuti edili risultanti dalle demolizioni e scavi. L’importante patrimonio edile del dopoguerra inizia ad essere vetusto e molti investitori trascurano la possibilità di prolungarne la durata di vita. Ciò ha un impatto elevato in termini finanziari, ambientali e sociali. Basta pensare all’aumento costante degli affitti e alla perdita di aree verdi.
Perciò nel nostro lavoro proponiamo un approccio improntato al principio delle 9R (Ripensare, Ridurre, Riusare, Riparare, Ricondizionare, Rigenerare, Riqualificare, Riciclare e Recuperare). In Ticino non siamo le sole a farlo; ci sono progettisti, aziende e committenti che seguono questo approccio con successo.
Di seguito illustriamo alcuni esempi, fra i quali il nuovo Bocciodromo di Quartino che è oggetto di un altro articolo nella presente rivista.
- Il nuovo bocciodromo di Quartino
Il nuovo bocciodromo “Il Platano” di Quartino è formato da tre edifici distinti: una casetta a a due piani, un capannone in acciaio, entrambi risalenti agli anni 1970, e un vecchio edificio in sasso. L’intera operazione di riqualifica ha riportato la proprietà alla sua destinazione originale con un approccio orientato al riuso. Inizialmente è stata analizzata la portata di ogni singolo elemento strutturale, riscontrando in generale un buon potenziale. Gli elementi strutturali esistenti sono quindi stati conservati e rinforzati o smontati, adattati e riutilizzati all’interno del comparto, senza cambiare lo schema statico.
Il bocciodromo presentava un deficit per il carico neve sulle capriate, si è deciso quindi di alleggerire la copertura e di rinforzare puntualmente e in modo minimale, i correnti delle capriate. Sono stati aggiunti dei controventi verticali e nella copertura con dei cavi, mentre gli arcarecci sono stati smontati e riutilizzati in un’altra posizione.
Anche nell’edificio più vecchio si sono trovati dei sistemi di rinforzo poco invasivi, che hanno evitato la demolizione dei solai. Laddove non è stato possibile rinforzare la costruzione esistente, sono stati impiegati nuovi elementi provenienti da smontaggi di altri cantieri. Il principio di reimpiegare il più possibile ogni elemento rifiutando ogni demolizione, ha portato alla scelta condivisa tra progettisti e committenza di inserire nella convenzione di utilizzo l’abbassamento del carico utile di alcuni locali.
Si è trattata di un’importante collaborazione fra committente, architetto e ingegnere. Oltre agli aspetti legati alla struttura portante, abbiamo collaborato attivamente a cercare materiali provenienti da altri cantieri, che sono stati stoccati sul posto grazie alla disponibilità di un edificio dismesso adiacente al cantiere. Gran parte delle nuove finestre sono state recuperate dalla Cooperativa Residenza Emmy a Lugano, che attualmente si sta rinnovando; i pavimenti delle stanze della locanda provengono da un allestimento museale al LAC.
Con la nostra prima esperienza a Quartino, abbiamo compreso il grande potenziale del riuso nell’ingegneria strutturale, che si può esprimere al meglio con la carpenteria metallica. I profilati in acciaio sono particolarmente idonei per lo smontaggio e rimontaggio in altre forme, evitando il ritorno in fonderia come rottame. Abbiamo avviato a riguardo un progetto innovativo per Lavizzara, comune fortemente toccato dalla disastrosa alluvione dello scorso anno. Con l’acquisto di un capannone a Berna, precedentemente utilizzato come struttura sportiva per il beachvolley, il Comune avrà la possibilità di realizzare in tempi brevi una nuova caserma in un luogo più sicuro. Lo scorso mese di marzo, la struttura di Berna in acciaio e rivestita con pannelli sandwich è stata smontata e stoccata. Essa verrà rimontata a Peccia nei prossimi mesi, offrendo al Comune la possibilità di coprire rapidamente una necessità urgente. Oltre all’operazione di recupero edile secondo i dettami dell’economia circolare, la cooperazione ideale tra Berna e la Valmaggia è un ulteriore contributo alla sostenibilità, grazie al valore aggiunto della solidarietà.
Il riuso interessa la totalità dell’edificio. La sfida è quella di creare un nuovo edificio partendo dagli elementi esistenti, adattati alle condizioni locali. In alta Valmaggia i carichi della neve sono ben più elevati rispetto a Berna: per garantire una portata sufficiente, è necessario raddoppiare gli arcarecci del tetto e accorciare la portata delle travi principali. Da un capannone di ca. 30 x 30 m si ottiene quindi uno spazio dimezzato e rinforzato, ampiamente sufficiente per le esigenze comunali.
Nel contempo anche tutti gli elementi non portanti dell’edificio originale – facciate, lampade, lucernari, finestre e portoni – verranno reimpiegati per creare una nuova costruzione architettonicamente e funzionalmente valida. Lavorare con il riuso non significa trascurare la qualità, ma ricercare soluzioni non convenzionali, come pure organizzare il reperimento dei materiali necessari sulla base di tempistiche inderogabili preventivamente fissate da terzi. Ciò comporta un cambiamento di approccio rispetto alla costruzione ex novo: è necessaria molta creatività e flessibilità, come pure rapidità.
Con questi due esempi stiamo toccando con mano la necessità di consolidare in Ticino una filiera del riuso nell’edilizia. Abbiamo raccolto negli scorsi anni molte informazioni su esperienze già praticate oltre Gottardo e oltre frontiera, dove il settore è più sviluppato e già divenuto economicamente redditizio.
La politica federale e le scuole universitarie si stanno lentamente muovendo, ma a livello pratico mancano alcuni presupposti determinanti: da un lato si dovrebbe investire nella catalogazione in banche dati degli edifici e degli elementi da dismettere così da metterli a disposizione per nuovi progetti, dall’altro bisogna creare una rete di spazi ben organizzati e coperti dove stoccare temporaneamente materiali di vario genere. È infatti molto difficile allineare le tempistiche di smontaggio e rimontaggio.
Per tutto ciò, è importante avere committenti virtuosi e progettisti – ingegneri e architetti – creativi e aperti a nuove soluzioni. Il riuso edile e lo “urban mining” stanno facendo nascere nuove professioni che rendono il settore della costruzione attrattivo e innovativo, più rispettoso del nostro ambiente.
Cristina Zanini Barzaghi, ing. civile dipl. ETH SIA OTIA
Zanini Gozzi Sagl, ingegneria civile e consulenze