La collega Lisa Boscolo durante il dibattito sul consuntivo dello scorso 10 giugno sollecitato il Consiglio di Stato in merito all’assenza delle donne in molte commissioni cantonali. Dopo aver elencato i numeri, ha chiesto una posizione in merito con queste semplici parole “per favore, non rispondetemi con un banale “stiamo già facendo molto” perché è una risposta nauseante o peggio non ditemi che mancano donne competenti: non ci credo. Né accetto la giustificazione, spesso ripetuta anche dai media, che “le abbiamo cercate ma hanno detto di no”.
La scontata e laconica risposta è giunta immediata dal consigliere di stato Zali. Con un’infelice battuta ha indicato che è ovvio: le donne non si interessano al noioso tema delle arginature. Per lui è quindi chiaramente comprensibile che non ci siano donne nelle commissioni tecniche. Il consigliere forse non sa che i temi ambientali e scientifici interessano a tante donne e che nel suo dipartimento ci sono diverse collaboratrici competenti, architette, pianificatrici, ingegnere, biologhe, geografie, ecc. che potrebbero aiutarlo a trovare delle donne esperte per le commissioni più tecniche. Basta volerlo.
Nei primi anni 2000, la medesima situazione era emersa nelle università e politecnici svizzeri. A fronte di tante donne nella formazione accademica, non si riscontrava una presenza proporzionata nel numero di professori e professoresse. Si era allora iniziato a parlare della “leaky pipeline” (letteralmente tubo che perde), cioè del fatto che per molte donne capaci è difficile fare carriera e pertanto salendo di posizione le percentuali di presenza si assottigliano. Allora la Confederazione aveva stanziato degli aiuti finanziari, con un premio per ogni assunzione di una professoressa donna e con aiuti per la creazione di asili nido. Un programma semplice che in pochi anni ha migliorato sensibilmente la situazione.
Sempre in quei decenni, si sono create diverse associazioni volte ad aumentare la presenza femminile nelle professioni tecniche e scientifiche (discipline MINT). Le loro iniziative sono consolidate e oggi ci sono tante professioniste giovani e capaci in ogni ambito scientifico e tecnico, attive con successo nel mondo del lavoro, anche in Ticino. È quindi molto fastidioso sentire dei commenti come quello fatto nella sala del Gran Consiglio. Se il clima resta così arretrato, le nostre giovani non vorranno mai rientrare in Ticino dopo gli studi oltralpe.
Confido quindi come richiesto dalla collega Boscolo, che l’intero Consiglio di Stato si confronti seriamente con la tematica e si impegni maggiormente per migliorare la rappresentanza femminile nelle commissioni consultive e nei CdA di competenza del Cantone.
Cristina Zanini Barzaghi, Partito socialista, ing. civile dipl.ETH, 10 giugno 2025