La riattazione, con o senza cambiamento di destinazione, degli edifici esistenti è un tema complesso, sia in ambito privato sia in quello pubblico. In una recente conferenza dell’istituto i2a1 è emersa come linea di pensiero che la scelta di dismettere ed abbattere, senza una seria valutazione preventiva delle effettive possibilità di riuso, è uno spreco di soldi e soprattutto anche una perdita di memoria: oltre agli aspetti tecnici non possiamo trascurare gli aspetti storici e sociali. Inoltre la demolizione degli edifici ha anche notevoli svantaggi ambientali perchè il materiale risultante è comunque un rifiuto da smaltire o riciclare.

Spesso le ristrutturazioni sono difficili da realizzare, perché non si riescono a rispettare in toto le leggi edilizie. Da molti anni i professionisti della costruzione segnalano che bisogna modificarle: le distanze dal confine, il numero di posteggi e le norme di risparmio energetico sono pensate soprattutto per gli edifici nuovi e sono applicate con rigidità, senza possibilità di deroga. Per salvare tanti vecchi edifici dalla demolizione abbiamo quindi bisogno di cambiare approccio con buon senso e fantasia.

Gli enti pubblici devono trattare questa tematica, strettamente correlata con la pianificazione del territorio, con maggiore attenzione. Infatti se a livello federale sono definiti i principi generali per incentivare uno sviluppo urbano sostenibile (più densità urbana, più qualità dello spazio pubblico, più vitalità nei quartieri), tocca poi agli enti locali il compito di implementarli, con notevoli difficoltà visto che il patrimonio costruito è in gran parte in mano privata. Penso che si debbano proporre nuove soluzioni anche a livello federale. Una possibile soluzione sarebbe quella di permettere agli enti pubblici di adottare una politica fondiaria più attiva, inserendo nella legge il diritto di prelazione nel caso di compravendita. Un’altra soluzione sarebbe di indirizzare gli investimenti delle casse pensioni e delle assicurazioni sociali nella ristrutturazione delle abitazioni vetuste, in modo da mantenere delle pigioni accessibili. Altre città svizzere hanno adottato quest’approccio in modo sistematico con successo, operando sul mercato immobiliare con fondazioni o cooperative. A Zurigo la fondazione PWG ha acquisito più di 150 edifici in cattivo stato in città, ristrutturandoli e mantenendo inalterati gli affitti.

Lugano ha già diverse esperienze di riuso di vecchi edifici. Gli uffici nell’ex convento al LAC, la scuola nella ex casa comunale di Carona, il nuovo archivio storico a Castagnola, l’Ideatorio a Cadro, la ristrutturazione della Masseria di Trevano sono esempi concreti di quanto si sta facendo. Ma non si è ancora riusciti ad aumentare il numero di abitazioni con pigioni moderate. Una buona soluzione sarebbe di promuovere l’acquisto e il riuso degli edifici da parte di enti senza scopo di lucro, evitando demolizioni inutili. Con l’iniziativa federale “più abitazioni con pigioni accessibili”, sostenuta dal partito socialista che verrà votata dalla popolazione il prossimo febbraio, si potranno attivare aiuti federali importanti. Questi ultimi potranno arrivare anche in Ticino, se ci sarà intraprendenza e azioni concrete da parte degli enti pubblici e dei privati.

Cristina Zanini Barzaghi, candidata al consiglio nazionale PS Partito Socialista