Giuliano Gasperi, 5 aprile 2024, Corriere del Ticino

Quando raggiungiamo Cristina Zanini Barzaghi al telefono, sta rimettendo in ordine il suo ufficio di Palazzo civico. Il prossimo passo sarà svuotare cassetti, tavoli e scaffali: un malinconico rituale.

È un momento triste?

“No… diciamo una svolta. Saltano fuori cose interessanti, tanti ricordi”.

Ad esempio?

“Ho ritrovato il carillon che suona l’Internazionale”, la più famosa canzone socialista. “Me l’aveva regalato Giovanni Cansani quando ero stata eletta per la prima volta in Municipio, accompagnandolo con uno dei suoi famosi disegnini. Erano undici anni fa, sono cambiate tante cose”.

È cambiata anche lei?

“Non mi sento cambiata, ma chiaramente il tempo passa. I figli sono cresciuti. Io grazie alla politica credo di aver imparato tante cose che non conoscevo e che mi saranno utili anche in futuro”.

Sta per lasciare la politica luganese, è da poco entrata in quella cantonale ed ha aperto un suo studio d’ingegneria: comincia una nuova vita?

“Sì, anche se questi cambiamenti sono avvenuti in modo graduale. Il mio vecchio studio d’ingegneria, che era più grande e molto impegnativo, lo avevo lasciato nel 2016. Poi pian piano ho ricominciato da sola e dopo la pandemia ho aperto un nuovo studio insieme a una giovane collega: Valeria Gozzi. La nostra idea è di aggiungere alle classiche attività di ingegneria civile anche progetti che toccano temi, la cui importanza è emersa proprio in politica: per esempio quello del riuso in edilizia, che è ancora poco praticato”.

Torniamo all’ultima seduta del Consiglio comunale di Lugano, la sua ultima, quando tutti i presenti si sono alzati in piedi per applaudirla. Cos’ha pensato in quel momento?

“Ne sono stata molto onorata. Non è evidente ricevere questo apprezzamento da tutti, soprattutto venendo da un partito molto minoritario. Credo sia stato riconosciuto il mio impegno, e questo mi fa piacere”.

Negli anni però è stata anche molto criticata. A volte – sembrava – anche più del giusto. Come l’ha vissuto?

“Ho l’impressione che spesso sia stato fatto per partito preso, e non per il mio lavoro come municipale. Questo mi è spiaciuto soprattutto per i collaboratori direttamente coinvolti nei dossier, che non meritavano di essere attaccati per ragioni politiche. Le critiche che ho capito meno sono state quelle sull’arredo provvisorio in via della Posta e via Magatti: oggi è diventato quasi normale promuovere interventi che valorizzano il verde naturale. Comunque in politica è normale: è giusto ascoltare tutte le critiche e considerarle cercando dei compromessi, come avvenuto per il progetto del Polo sportivo”. 

Di cosa va più orgogliosa di quanto fatto come municipale?

“Sicuramente della masseria di Cornaredo. È un partenariato pubblico-privato sociale che ci ha permesso di aiutare le persone in difficoltà e ridare vita a un edificio in rovina. Tutti riconoscono che ho dato il la a questo progetto. Inizialmente sembrava una sfida impossibile, ma l’abbiamo vinta perché tutti i partner coinvolti ci hanno creduto. Un’altra opera che ricordo con piacere è la scalinata di fianco alla funicolare Centro-Stazione: anche quella non ha avuto vita facile in consiglio comunale, ed oggi è uno dei luoghi più fotografati di Lugano.”.

Gli ultimi mesi prima di annunciare l’addio, politicamente, hanno avuto un retrogusto amaro per lei, con il partito che ha dichiarato di non volerla più in lista, mentre lei avrebbe continuato, e con quella conferenza stampa quasi surreale in cui è stato reso noto l’epilogo. Potendo tornare indietro, cambierebbe qualcosa?

“È stato giusto così, non rimpiango niente”.

Nei suoi undici anni in Municipio, ci sono stati momenti in cui ha pensato di lasciare?

“Non sono mai arrivata a questo punto, non fa parte della mia personalità. È come quando costruisci un edificio: è un percorso lungo e sai che ti troverai di fronte a diverse difficoltà. L’unico momento critico è stata la demolizione all’ex macello nel 2021. Ci sono state delle persone che mi hanno chiesto di fare un passo indietro, ritenendomi colpevole di quanto avvenuto. ll giorno stesso ho inviato un comunicato stampa per chiarire la mia posizione estranea ai fatti.”.

Nell’Esecutivo ha condiviso il suo percorso con diversi colleghi. Chi le ha dato di più, umanamente e politicamente?

“È una domanda difficile. Mi sento di ricordare Marco Borradori, una persona cortese e rispettosa di tutte le posizioni, ma anche con le altre e gli altri mi sono trovata bene”.

Un appello ai prossimi municipali?

“Ascoltare tutti, anche chi la pensa diversamente. A me è successo di proporre idee che inizialmente sembravano fuori strada, poi nei passi successivi ci si è avvicinati al mio primo pensiero. Poi direi di non prendere decisioni impulsive e, se un problema è complesso, di appoggiarsi ad esperti e valorizzare i collaboratori della Città. Non si vede, ma la nostra amministrazione è di qualità altissima con tante donne e uomini in gamba”.

I giorni delle elezioni, lei non ha mai seguito i risultati in modo ossessivo. Anzi, spesso si allontanava per qualche passeggiata in montagna o altrove. Stavolta sarà ancora più distaccata, o seguirà con curiosità l’evolversi della situazione?

“Seguirò, ma sempre a modo mio senza troppa tensione.”.

Quanto è alto il rischio che il PS perda il seggio in Municipio?

“Non sono una politologa, ma temo che il dualismo che si è creato fra Foletti e Chiesa, come era stato per Giudici e Borradori nel 2013, possa calamitare attenzione e voti, mettendo in secondo piano gli altri partiti. Ciò andrebbe a scapito della pluralità. Se si considera l’alto numero di liste, l’astensionismo e la scheda senza intestazione, risulta molto difficile fare pronostici. Spero che il mio partito possa confermare il proprio seggio in Municipio.”