Intervista su Confronti marzo 2015
Incontro Cristina Zanini Barzaghi la sera dell’Epifania. Il bar dove ci siamo dati appuntamento è chiuso per cui optiamo per un’osteria. Sorseggiamo una birra ad un tavolo non apparecchiato mentre attorno a noi passano bottiglie di vino, terrine di fagiano, ravioli di scalogno con patate e lardo di colonnata. Il tema previsto della nostra discussione è l’aggregazione e le problematiche legate ai quartieri. Ma divaghiamo un po’ su tutto: dall’ex Macello all’Expo 2015, senza trascurare un accenno alle prossime elezioni cantonali.
Cristina, partiamo dal tema centrale di questo dossier: l’aggregazione. A che punto siamo a Lugano? “La grande trasformazione cominciata nel 2004 è ancora in corso di assimilazione. Non è un compito facile. Basti pensare che il territorio di Lugano è aumentato del 621% e il numero degli abitanti del 235%. È innegabile che ci sono problemi, soprattutto per quanto concerne la gestione dell’amministrazione cittadina che deve giocoforza adattarsi. Inoltre, la crisi delle casse comunali e gli effetti di alcune misure di risparmio cominciano a farsi sentire, suscitando malumore tra i cittadini, questo accumuna sia il centro alla periferia”.
Quale è il rapporto del Municipio con le Commissioni di quartiere (CQ)? “Nel 2004, con la prima grande aggregazione, la nostra municipale Nicoletta Mariolini aveva creato il Dicastero per i rapporti con i quartieri: venivano organizzate delle assemblee di quartiere e un apposito ufficio si occupava ogni sei mesi di stilare un rapporto delle attività, che comprendeva anche segnalazioni molto puntuali. Ciò permetteva di avere una visione generale delle varie problematiche presenti nei quartieri, che allora erano molto meno numerosi di oggi. Nel 2008, però, su impulso dell’ex-sindaco Giorgio Giudici, il Municipio ha ridotto drasticamente le attività eliminando il dicastero e istituendo uno sportello per gestire le segnalazioni dai cittadini. Ciò ha permesso all’amministrazione di risolvere più celermente piccole disfunzioni ma nel contempo però si è perso il dialogo fra Municipio e commissioni di quartiere, soprattutto per i temi importanti e controversi. Nella scorsa legislatura le segnalazioni dalle commissioni sono diminuite sempre più e con loro si è ridotta anche l’attenzione dell’amministrazione nei loro confronti. Con il nuovo Municipio stiamo pensando ad una loro riorganizzazione.”
L’esistenza stessa delle commissioni è messa in discussione? “Le commissioni di quartiere per il momento hanno perso parte del loro ruolo originale ma, viste le importanti aggregazioni avvenute, non possono essere abolite ma devono essere migliorate. Soprattutto va eliminata la componente politica. Il numero dei commissari è definito in base ai risultati elettorali dell’intera città e vi è ora una predominanza di persone designate dalla Lega, che prediligono la protesta alla propositività. Purtroppo non ovunque le persone scelte sono all’altezza del compito. Inoltre sarebbe auspicabile introdurre il volontariato; chi vuole bene al proprio quartiere non deve necessariamente ricevere un compenso. Oggi invece le commissioni ricevono gettoni di presenza identici a quelli dei consiglieri comunali, con un impegno decisamente meno importante.
Quale dovrebbe essere il ruolo di queste commissioni? “Esse dovrebbero fungere da contatto fra la vita di quartiere e le istituzioni, dialogando con le associazioni presenti e con l’amministrazione. Nella scorsa legislatura hanno continuato a lavorare purtroppo a senso unico, a causa di un Municipio poco aperto nei loro confronti. Si è diffuso un certo senso di frustrazione specialmente negli ex comuni, ma per fortuna l’aggregazione non cancella la voglia di fare del bene per la propria comunità.”
L’obiettivo sociale dell’aggregazione è quindi lungi dall’essere raggiunto?“Dipende da che punto di vista si osserva la problematica. In ogni quartiere esistono numerose attività sociali, ricreative, culturali e sportive che la città continua a sostenere e attorno a queste attività gravitano tante persone dinamiche, pilastri delle attività locali, spesso non impegnate in politica. Sono nate spontaneamente associazioni di quartiere che coordinano le attività presenti o che si dedicano a temi specifici come la sicurezza e il territorio. La loro attività va in parte a sovrapporsi a quella delle commissioni di quartiere, perciò non si può dire che quest’ultime siano il vero motore della vita di quartiere sia in termine di partecipazione politica, sia in termini di attività ricreative e di integrazione fra i suoi abitanti.”
Che fare, quindi? “A corto termine spero che il Municipio riesca a rafforzare i contatti con tutte le realtà presenti nei quartieri, potenziando l’ufficio quartieri con persone motivate e aperte al dialogo. Nel contempo va avviata anche un’analisi approfondita sulla realtà dei quartieri con la raccolta di informazioni sulle attività presenti e la ricerca delle persone già attive nei diversi ambiti. Si dovrà anche precisare le modalità di contatto fra la politica istituzionale e i quartieri, riprendendo modalità già presenti in altre città svizzere simili alla nostra. Altrove ad esempio le autorità si rivolgono direttamente a delle associazioni di quartiere autonome chiamandole a gestire degli spazi pubblici oppure richiedendo loro di collaborare in processi di pianificazione partecipata. Mi sembrano vie interessanti da percorrere. Da ultimo direi che è fondamentale intavolare una discussione più ampia a livello cantonale con la sezione enti locali e con i comuni coinvolti in importanti progetti di aggregazione, Bellinzona in primis. Penso che come partito dovremmo aprire una discussione anche in questo ambito.”