“Con il doppio del territorio e meno mezzi finanziari, mantenere gli standard di servizi del passato diventa impossibile”. Il monito è di Cristina Zanini Barzaghi, responsabile del Dicastero Servizi Urbani di Lugano, che per limitare i danni propone un patto con i cittadini e le associazioni: “Abbiamo bisogno che qualcuno ci segnali i disagi e che si metta a disposizione per aiutarci a risolvere, senza dover assumere altro personale”. Un compito che potrebbero assumere le commissioni di quartiere, sul cui ruolo però le discussioni sono infinite. Intanto, conclude Zanini, bisogna rendersi conto che “Lugano, che prima era una piccola città ricca, ora è diventata una città normale, come tutte le altre”. Problemi compresi.

Città più grande ma meno ricca

La crisi delle casse comunali non fa discutere solo i partiti, impegnati in questi giorni a rimpallarsi le responsabilità. Sul campo cominciano a farsi sentire gli effetti delle misure di risparmio, soprattutto per quanto riguarda i servizi, e la popolazione insorge. «Riceviamo tante lettere di protesta, alcune anche con toni accesi – ci fa sapere la responsabile del Dicastero Servizi Urbani (DSU) Cristina Zanini Barzaghi – invece quando apportiamo correttivi o miglioramenti in pochi ringraziano». Il disappunto diventa uno spunto e la municipale suggerisce la sua ricetta per alleviare il problema. «È impossibile mantenere gli standard del passato con il doppio del territorio e minori mezzi finanziari, sarebbe utile avere persone che aiutino l’amministrazione segnalando i problemi. Non si tratta di assumere nuovi dipendenti ma di stipulare collaborazioni analoghe a quelle per lo sgombero della neve. Ci serve qualcuno per verificare la pulizia, lo svuotamento dei cestini e le condizioni del territorio dopo i nubifragi. Dobbiamo puntare sulla collaborazione con enti e associazioni, che hanno già tante persone attive. Così sarebbe possibile migliorare il lavoro delle nostre squadre in ogni luogo della città. Ci serve un’osservazione più strutturata».
Organismi partitici
A proposito di «strutturata», che ne sarà delle commissioni di quartiere? Il Municipio le ha rinominate ma buona parte del loro lavoro, cioè raccogliere e girare segnalazioni su problemi puntuali, è stato assorbito dall’Ufficio quartieri aperto nella scorsa legislatura. «Le commissioni dovrebbero lavorare in due direzioni – sostiene Zanini –, da una parte dialogando con le associazioni, dall’altra con il Municipio». Potersi confrontare con l’Esecutivo su temi di ampio respiro, come la pianificazione, è rimasta l’unica caratteristica esclusiva delle commissioni, ma questo tipo di collaborazione non sembra esser mai davvero decollato. Secondo la responsabile del DSU, un ostacolo al buon funzionamento è dato dal fatto che questi organismi sono partitici. «Si è deciso di definirle in base ai risultati complessivi delle elezioni per il Municipio, ma ci sono quartieri che hanno una composizione partitica alquanto differente e di conseguenza le commissioni non sono rappresentative delle persone e delle associazioni attive».
Lasciare da parte la politica
Delle commissioni di quartiere si è discusso varie volte anche in Consiglio comunale, ma le proposte di rinnovarle non hanno trovato vita facile.
Basti pensare alla bocciatura della mozione di Stefano Camponovo, Maddalena Ermotti-Lepori, Paolo Sanvido e Peter Rossi per far sì che i membri venissero eletti non dal Municipio ma dalle assemblee di quartiere, senza criteri politici, e alla proposta di Martino Rossi di obbligare il Municipio a consultare le commissioni durante l’allestimento dei messaggi riguardanti i loro quartieri.
Ancora pendente, invece, la mozione della Lega per abolire del tutto le commissioni come pure quella del PPD per ridurne il numero raggruppandole in «petali».
Il Municipio ha deciso per il momento di mantenerle. Con quale assetto e quali compiti? «La discussione è aperta – dice Zanini – Abbiamo analizzato altre realtà svizzere e constatato che da nessuna parte questi organismi sono scelti in base a criteri politici: i quartieri vengono considerati prima di tutto un’entità sociale e culturale. Il nostro modello è un unicum e andrà sicuramente discusso».
Lugano è diventata normale
Di fronte al dibattito sulle commissioni, vien da chiedersi se il Municipio, in una città cresciuta molto ma ancora a misura d’uomo, non possa trattare i temi dei quartieri semplicemente con un dialogo diretto, come ha fatto nei mesi scorsi visitando gli ultimi aggregati. «Le assemblee di quartiere possono essere sicuramente utili – rileva la municipale – ma non sempre i pensieri che emergono in queste serate rappresentano quelli della maggioranza del quartiere. Quello che serve è un vero e proprio lavoro partecipativo». Il primo passo potrebbe essere la raccolta di informazioni su quanto già esiste. «Dovremmo poter avere una lista completa delle associazioni, delle manifestazioni popolari, culturali e sportive e delle persone disponibili a svolgere piccole mansioni come aggiornare l’albo, annaffiare aiuole, organizzare mercatini, momenti d’incontro e altro. Constato che nei quartieri più periferici vi è maggiore disponibilità, mentre in quelli centrali un po’ meno, forse perché hanno sempre avuto molto».
«Per molti non è ancora evidente che Lugano, da piccola città ricca, è diventata una grande città più simile alle altre città svizzere e quindi normale».

Giuliano Gasperi su CdT 30 agosto 2014