Molti si chiedono se la Riforma III dell’imposizione delle imprese porterà effettivamente dei benefici, garantendo le attuali entrate fiscali e mantenendo i posti di lavoro.
Per rispondere…
apparso sul Corriere del Ticino 31.1.2017
Per rispondere, è importante considerare gli effetti sulle cosiddette PMI, cioè sulle ditte di piccole e medie dimensioni, che sono la stragrande maggioranza delle aziende svizzere e che generano due terzi dei posti di lavoro in Svizzera. La forza di queste aziende, e di riflesso del paese, è data soprattutto dal numero e dalle condizioni delle persone che vi lavorano, oltre che dall’utile conseguito. Esse approfittano molto meno delle grandi aziende degli sgravi fiscali, mentre hanno maggiore bisogno di altri tipi di sostegno per mantenere e creare posti di lavoro di qualità, ad esempio sovvenzioni per la formazione, incentivi per la riqualifica dei disoccupati, aiuti e servizi per l’impiego di manodopera locale, soprattutto femminile.
La politica fiscale deve essere strettamente correlata con la responsabilità sociale delle imprese. Il consenso attorno a una riforma così importante si costruisce tenendo conto degli interessi di tutti, azionisti e salariati. Purtroppo la Riforma III delle imprese non lo fa, mettendo in seria difficoltà i comuni svizzeri e soprattutto le città, dove vive un quarto della popolazione e dove hanno sede l’ottanta percento delle persone giuridiche.
Solo per Lugano si stima, nel giro di qualche anno, una diminuzione di gettito di circa venti milioni, pari a sette punti di moltiplicatore. È quasi automatico che, se dovesse passare questa riforma, occorrerà aumentare le imposte dirette e procedere con ulteriori e dolorosi tagli, in un periodo in cui si sta già affrontando un difficile programma di austerità.
L’Unione delle città svizzere, nella sua presa di posizione, ha deplorato la mancanza di comprensione delle Camere federali nei confronti delle conseguenze nefaste della riforma sulle finanze comunali. Nel corso del dibattito al Consiglio degli Stati, non è stato accettato un importante emendamento che mirava a considerare anche le ripercussioni della riforma sui Comuni e non solo sui Cantoni. Per questi ultimi la Confederazione introduce, infatti, dei compensi finanziari per le annunciate perdite fiscali. Se delle proposte ragionevoli non sono accettate nelle istituzioni, non resta che chiamare il popolo al voto. Il partito socialista ha quindi lanciato il referendum.
Gli esperti fiscali affermano che gli effetti della riforma sono difficilmente prevedibili: ci sono troppe variabili e meccanismi poco chiari. L’unica cosa certa è che si accentuerà ulteriormente la concorrenza fiscale fra cantoni e fra comuni, con la consueta gara nell’abbassare le tasse per attirare contribuenti facoltosi e nel procedere a tagli in tutti gli ambiti della spesa pubblica. A pagarne il conto sarà come sempre il ceto medio della popolazione.
Già con la Riforma II delle imprese, approvata per pochissimo dal popolo, le perdite fiscali sono state maggiori del previsto. Abbiamo ora l’occasione, votando no alla Riforma III, di evitare un altro grave errore. Toccherà poi al Parlamento presentare una riforma più equilibrata.