La genesi dell’area pubblica, dal referendum bocciato alla recente chiusura. Zanini Barzaghi: ‘Non è stata pensata come luogo per eventi’
di Alfonso Reggiani – LaRegione del 14.7.20
La controversa gestione del Municipio di Lugano della Foce del Cassarate (chiusa lo scorso fine settimana dalle 20 e riaperta da oggi su prenotazione tramite la piattaforma Prenota Lugano, con accesso limitato a duecento persone) ha generato tanto ‘rumore’ soprattutto nei social. La situazione nell’area pubblica, che la scorsa estate ha ospitato Lugano Marittima (evento non riproposto a causa dell’emergenza Covid-19), negli ultimi weekend è degenerata e sono stati registrati vandalismi, episodi di inciviltà di ogni genere. Tanto da indurre, appunto, l’esecutivo ha prendere una decisione molto discussa e anche criticata. Una decisione, ci spiega la municipale socialista Cristina Zanini Barzaghi, «voluta per privilegiare la fruibilità di questo luogo a favore di tutta la popolazione durante la giornata. La chiusura nelle ore notturne è una disposizione adottata per mantenere intatto il fascino della zona e garantire una fruizione libera di giorno come avviene da sempre per il parco Ciani».
La storia aiuta fare un po’ di chiarezza
Per quali ragioni e quando nasce la valorizzazione della Foce del Cassarate? Come era stata pensata inizialmente? «Fare un passo indietro nella storia recente dell’area può aiutare a comprendere quanto capitato negli ultimi fine settimana», osserva Zanini Barzaghi. Il concorso pubblico è del 2004, mentre risale a dieci anni fa il messaggio dell’allora Municipio per la riqualifica naturalistica. Il progetto è stato votato per una manciata di voti prima del Natale 2010 e il credito di sei milioni di franchi è stato suffragato l’anno successivo dal volto popolare che ha bocciato, con uno scarto di un centinaio di schede, il referendum promosso da un gruppo spontaneo con massiccia presenza liberale (a parte qualche consigliere comunale fuori dal coro come Roberto Ritter). I referendisti contestavano l’abbattimento del muro di argine (considerato un bene meritevole di tutela) per far posto a una riva naturale lungo la sponda destra, l’eccessivo costo, e sollevavano dubbi sulla sicurezza idrica. I lavori sono stati poi affidati a un Team guidato dall’architetta paesaggista Sophie Agata Ambroise, la quale all’inaugurazione ha parlato della Foce del Cassarate come il vero cuore verde della città, luogo di scambio e di vita pubblica per eccellenza, dove si incontrano gli assi del fiume e del lungolago: il cardo e il decumano della nuova Lugano.
Dubbi idrici spazzati via dalla prima piena
L’allargamento dell’alveo e la creazione di un’ampia gradinata sulla sponda sinistra hanno mutato l’aspetto dell’ultimo tratto di fiume e ricorda la municipale socialista, «la prima piena avvenuta a lavori in corso nel 2013 ha dimostrato l’efficacia idraulica del progetto. Dal profilo tecnico, le successive piene hanno confermato la bontà dell’intervento. Ma il maggiore beneficio del progetto è stato l’accesso pubblico alla riva del fiume e del lago, un tabù fino a qualche anno prima». Dall’inaugurazione avvenuta nel 2014 in poi la Foce è diventata un’area apprezzata e sempre più frequentata non soltanto da residenti. Però, sottolinea Zanini Barzaghi, «sin dall’inizio è emersa la problematica legata al Littering e al decoro della zona. La Foce non è né un lido né un bar; è una parte del Parco Ciani, un’area naturale e delicata e come tale dovrebbe essere considerata, altrimenti perde un po’ della sua magia. Perciò per alcuni anni dopo il cantiere, il Municipio è stato molto prudente nel proporre eventi, ciò anche per consentire la convivenza con l’adiacente Circolo velico di Lugano».
Un evento dopo l’altro fino a Lugano Marittima
Tuttavia «col passare degli anni sono stati permessi sempre più eventi nel parco Ciani e alla Foce. Al Boschetto e alla Darsena si tengono spesso conferenze, proiezioni e concerti, che compromettono parzialmente la quiete dell’oasi verde. E infine nel 2019 l’oramai famosa Lugano Marittima ha sdoganato la Foce come un grande bar all’aperto. Da allora il posto è preso d’assalto nelle sere d’estate da una folla di giovani e quest’anno la situazione è degenerata con la postpandemia». La chiusura ha messo sotto gli occhi di tutti almeno due questioni principali: da un lato l’accessibilità
pubblica (carente) alle rive del lago, dall’altra la questione giovanile. Temi che abbiamo sottovalutato negli scorsi anni, nonostante avessimo creato nel 2013 due gruppi di lavoro, uno per sviluppare spazi pubblici di qualità, un altro per contrastare vandalismi e littering».
Questioni sottovalutate dall’esecutivo
A questi argomenti, secondo Zanini Barzaghi «dovremmo dare come Municipio più attenzione e maggiori risorse. Ma non sono presenti nelle Linee strategiche del 2017. Con l’emergenza Covid-19 non ancora scomparsa, ora è più che mai necessario affrontare queste questioni e non improvvisare settimana dopo settimana, altrimenti il problema si sposta solo altrove».