Pubblico qui l’intervista di Viola Martinelli pubblicata sul Corriere del Ticino del 9 ottobre 2019
Centro, destra e sinistra sono concordi su un punto: quando si parla di estremismo la Svizzera deve cambiare marcia Ma sulle misure da mettere in campo per contrastare la criminalità i pareri divergono – E la chiusura notturna dei valichi non fa l’unanimità.
Criminalità lungo la frontiera e chiusura notturna dei valichi. Berna non considera il Ticino?
La criminalità sulla frontiera è cambiata negli ultimi decenni. Un tempo eravamo colpiti da rapinatori e ladri che nonostante la chiusura notturna e il presidio fisso dei valichi superavano spesso il confine. Oggi la criminalità ha forme più complesse come la tratta di esseri umani, il crimine organizzato e il terrorismo. Inoltre ha a disposizione un nuovo sistema di comunicazione: Internet. La chiusura delle frontiere aiuta certamente la popolazione a sentirsi più sicura, ma non permette di combattere efficacemente questi nuovi fenomeni. Più che la chiusura notturna dei valichi secondari, che in alcuni casi può essere utile, occorre potenziare il corpo delle guardie di confine con personale e mezzi. Non da ultimo bisogna regolare meglio anche Internet, che è diventato un canale importante per i traffici illegali.
Infiltrazioni mafiose, la legge attuale è sufficiente?
La legge attuale è sicuramente da attualizzare in relazione alla cibercriminalità.Spesso le attività mafiose sono legate a transazioni finanziarie illecite. Con più trasparenza in ambito finanziario è possibile intercettare questi traffici e risalire alle attività illecite. Per essere più efficaci è indispensabile una cooperazione con le polizie degli altri Paesi, soprattutto europei.
Foreign fighters e terrorismo: cosa propone per contrastare questi fenomeni?
Malgrado che il fenomeno sia limitato nei numeri, la nostra società non riesce a individuare subito queste persone. È preoccupante che giovani nati qui intraprendano percorsi di radicalizzazione religiosa. Le difficoltà economiche e la mancanza di prospettive possono contribuire a queste derive. In più la facilità d’uso dei social network, praticamente senza regole etiche e con la possibilità di rimanere anonimi, permette di divulgare idee estreme e intercettare persone fragili. A livello di lotta contro il terrorismo abbiamo probabilmente molte lacune nel controllo dei social network che dobbiamo affrontare urgentemente. Nel contempo dobbiamo anche affrontare le difficoltà di dialogo con le comunità islamiche. Oltre ad attrezzare meglio i servizi di polizia è necessaria una maggiore integrazione dei giovani mussulmani, sia ragazzi sia ragazze.
L’integrazione è la via giusta per lottare contro la criminalità?
L’integrazione è indispensabile come complemento ad attività di repressione mirate. La criminalità nasce spesso da situazioni sociali difficili, alle quali la nostra società non presta la dovuta attenzione. In un Paese pluriculturale come la Svizzera deve essere rafforzata la comprensione reciproca fra le diverse comunità locali e straniere. La Confederazione dovrebbe sostenere i Comuni e i Cantoni nell’organizzazione di corsi di lingua e cultura locali e di servizi di accompagnamento sociale. In più si dovrebbe pure educare all’utilizzo corretto dei social media e promuovere uno sviluppo urbano che eviti la formazione di quartieri ghetto.