Notizia su La Regione 17 agosto ’16 
Studi, una borsa più piccola? di Aldo Bertagni 
La maggioranza parlamentare vuole estendere il prestito anche ai primi tre anni 

«È bene responsabilizzare chi riceve un sostegno dallo Stato» dichiara Alex Farinelli , capogruppo Plr e prossimo redattore del rapporto di maggioranza (con Ppd e Lega) sulla manovra finanziaria – per 180 milioni di franchi – varata dal Consiglio di Stato. Tradotto in soldoni, l’idea è quella di inasprire il giro di vite governativo per contenere ulteriori spese, chiedendo di passare alla cassa agli studenti universitari che oggi possono far conto su una borsa di studio. Nel primo triennio (Bachelor), chi ha diritto riceve l’intera borsa, mentre per gli ultimi due anni (Master) un terzo della stessa (se richiesto) viene concesso in prestito da restituire in dieci anni, così come si prevede fra l’altro nel concordato intercantonale che fissa a un terzo, appunto, il tetto massimo per il prestito agli studi. L’idea di Farinelli è semplice: «Adottare la formula del terzo in prestito anche per il primo triennio». Un esempio? Se si dovessero ricevere 10’000 franchi annui, 3’300 di questi sarebbero soggetti alla restituzione; 3’300 per cinque anni, fanno 16’500 franchi di debito. Una bella cifra per chi merita e vuole conseguire il diploma universitario, pur partendo da condizioni economiche sfavorevoli… «Ovviamente si dovrebbe tener conto delle dovute eccezioni – commenta Farinelli –, come già capita oggi per situazioni particolari, dove il governo condona il prestito. Vogliamo cambiare la regola, ma mantenere le eccezioni. Al contempo però riteniamo che si debba anche responsabilizzare chi riceve un aiuto pubblico». Oggi la borsa di studio non va oltre i 16’000 franchi annui, il che può voler dire maturare un debito attorno ai 5’000 franchi all’anno, moltiplicati per cinque. Resta pur sempre un andicap per chi si affaccia al mondo del lavoro e ambisce alla propria autonomia finanziaria… «Lo ripeto, là dove vi è comprovata difficoltà si può sempre condonare il prestito – precisa il capogruppo liberale radicale – e al contempo riteniamo giusto restituire allo Stato, vale a dire alla società, quanto anticipato per poter poi avere un tenore di vita migliore». Cambiando metodo secondo la vostra proposta, cosa si risparmia? «È una stima, perché non abbiamo dati esatti. Si parla di due, tre milioni all’anno. Ovviamente col nuovo sistema a regime».

Ma come? Il partito che punta sulla formazione e sull’innovazione, vuole trasformare in prestito anche le borse dei primi anni di studio. 
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Ciò renderà ancora più difficile l’accesso agli studi di giovani meritevoli provenienti da famiglie con reddito modesto. Negli anni, gli importi delle borse e dei prestiti di studio sono diminuiti moltissimo, e sono nettamente insufficienti per sostenere le importanti spese che una famiglia deve assumersi quando un figlio prosegue gli studi. Le tasse d’iscrizione delle università svizzere sono ancora abbordabili ma il costo della vita via da casa è molto alto e i genitori, spesso famiglie monoparentali, arrivano a dover sostenere ben più di mille franchi ogni mese. È già oggi dimostrato che chi ha genitori che non hanno avuto accesso ad una formazione universitaria hanno meno possibilità di permettere ai propri figli di intraprendere questo cammino. Gran parte del benessere di noi ticinesi viene prevalentemente da coloro che si sono formati oltralpe, in una lingua che non è l’italiano, superando molte difficoltà, non solo quelle finanziarie. Queste persone spesso non trovano posti di lavoro adeguati da noi e si assiste ad una fuga di cervelli. Infatti in Ticino il mondo del lavoro negli ultimi decenni si è deteriorato molto anche per i neolaureati di molte discipline accademiche, che devono accontentarsi di salari da fame. Perciò la proposta di passare dalle borse ai prestiti non va proprio nella direzione giusta. Con le borse di studio non si fa dell’elemosina. Si dà la possibilità alle nostre ragazze e ragazzi di acquisire competenze e avere i mezzi per costruire un Ticino futuro innovativo e responsabile. Parafrasando il prof. Martinoli al primo d’agosto, permettere l’accesso agli studi a persone meritevoli è la cosa migliore per coltivare la materia prima più importante del nostro paese: “la materia grigia”.

Anch’io sono stata anni fa beneficiaria di borse e di prestiti di studio e sono ancora oggi grata di avere avuto questa possibilità. Il fatto di avere ricevuto delle borse di studio non ha intaccato minimamente la mia responsabilità: non ho mai visto lo Stato come una vacca da mungere e come molte e molti altri mi sono impegnata parecchio sia per acquisire il mio diploma sia per ritornare alla società ciò che mi è stato dato. Un tempo l’aiuto dello Stato era più concreto e permetteva veramente a chi veniva da famiglie modeste di continuare a studiare. Oggi non è più così. Perciò mettere paletti in questo campo proprio con ci sta: avanzare una proposta senza dare contromisure è poco responsabile e privo di fantasia. Si potrebbe ad esempio andare nella direzione inversa e aumentare le borse disponibili con una maggiore collaborazione di privati come fondazioni o aziende. Dal partito che ha come dogma la “collaborazione con il privato” me lo sarei atteso.